I vari contesti produttivi e commerciali si sono costruiti in un tempo che non si esprime semplicemente come meccanico, ma bensí come tempo storico, o meglio, come un tempo misurato secondo le regole dialettiche dello sviluppo, dell’organizzazione e dell’entropia. Fin dall’inizio, il tempo non ha bisogno solamente di tempo, ma anche di continuità; ed il vettore di tale continuità appare meno radicale nelle sue componenti fisiche che nei suoi aspetti socio-culturali legati al territorio.
I dinamismi propri a realtà territoriali quali Carpi, sembrano svilupparsi secondo un codice di connessioni tipico del sistema e capace di utilizzare le informazioni provenienti dall’esterno, senza nulla perdere della propria vitalità interna e pur proseguendo a differenziarsi dall’ambito umano generale.
La crescita di simili sistemi territoriali sembra basarsi sulla possibilità di recuperare, in vista di un moderno sviluppo, tutte le forze e risorse di cui l’organizzazione economica e sociale preesistente dispone. In molti casi si tratta di un’industrializzazione che valorizza e fa evolvere un artigianato o una tradizione commerciale.
L’insieme dei suindicati elementi strutturali darà luogo, da un lato, a delle consuetudini e ad una regolamentazione territoriale la cui identità sarà fortemente marcata a livello culturale, mentre, da un altro lato, evidenzierà un ambito territoriale fornito di un’autonomia profondamente radicata. Identità ed autonomia, ciò nonostante, non significheranno isolamento. Infatti, un sistema territoriale come Carpi dimostra una grande capacità di reagire alle sollecitazioni esterne, oltre a caratterizzarsi per una parallela capacità di assimilare le influenze esterne utili al proprio sviluppo.
Lo sviluppo stesso dell’industria della maglieria a Carpi può costituire un valido esempio. Infatti, l’organizzazione di questa produzione ricorda il “putting-out system”: dei mercanti locali attraversano l’Europa, individuando gli spazi di mercato da occupare; si organizzano allora con reti di donne che lavorano a domicilio e di piccole aziende dove i prodotti sono studiati e, successivamente, assemblati e confezionati. Una simile struttura presuppone una serie di fattori, che vanno dalla conoscenza dei mercati internazionali ad una certa accumulazione di capitale che consenta di acquistare le macchine necessarie e ad un insieme di consuetudini lavorative e di abilità artigiane.
In definitiva, sembra esistere un patrimonio urbano che si trasforma nella principale risorsa in grado di attivare un consistente processo di crescita e di sviluppo.
Inoltre, riflettendo sempre sull’esperienza carpigiana, si rileverà come sembri sussistere una “… correlazione fra l’attuale industrializzazione diffusa e precedenti rapporti sociali nelle campagne relativamente autonomi; si tratta di rapporti definiti dalla mezzadria, dall’affitto e dalla piccola proprietà ovvero, in negativo, da rapporti non definiti dalla conduzione capitalistica a salariati….” (A.Bagnasco, “La costruzione sociale del mercato”, Il Mulino, Bologna, 1988, p.77)).
Infatti, per quanto povera e dipendente, la famiglia mezzadrile non vive l’esperienza della proletarizzazione, e il mezzadro, con il maturare dei tempi, definisce la propria prospettiva di interessi come conquista della piena proprietà della terra che lavora. La spinta a mettersi in proprio e l’insieme di valori e atteggiamenti ad essa collegabili, costituiscono una componente essenziale della socializzazione della famiglia mezzadrile. E, in generale, nonostante la grande trasformazione dovuta al passaggio da una società agricola ad una industriale, gli attori che si muovono all’interno delle nuove condizioni aperte dalla piccola produzione, lo fanno utilizzando e ridefinendo in modo selettivo numerosi elementi organizzativi e istituzionali della vecchia società. Tra questo tipo di lavoratore, non completamente proletarizzato perché dotato di autonomia personale e risorse familiari, e la semplice unità di lavoro, l’impresa artigiana, la piccola e poi la media impresa industriale, esiste un continuum culturale che rende sfumati i rapporti, mentre la prospettiva di mobilità sociale e l’interazione comunitaria li confermano tali.
Il particolare connubio esistente tra tradizione e innovazione, a Carpi come in gran parte dell’Emilia-Romagna, ha creato un fertile terreno per lo sviluppo di numerose ricerche e studi come la presente. In effetti, l’Italia è stata la patria del primo capitalismo, prima della rivoluzione industriale, le cui conseguenze, relative ad aspetti come il tessuto urbano, la cultura artigiana e commerciale o le istituzioni locali sono di particolare evidenza. Infatti, queste strutture originarie sono espressione di una lunga durata storica e hanno certamente radici nel primo capitalismo delle città stato italiane. Al riguardo, Fernand Braudel ha sostenuto che ancora nel secolo XVI il baricentro economico, finanziario, culturale del mondo poteva essere collocato nel quadrilatero Genova, Milano, Venezia, Firenze. Ed anche se quel capitalismo non arrivò mai a porsi il problema della produzione di massa, seppe comunque sviluppare delle raffinate forme di organizzazione produttiva e finanziaria.
Dinnanzi ai sbalorditivi risultati, tanto economici come sociali, di tale eredità, Bagnasco potrà affermare di trovarsi “… di fronte a una complessa “costruzione sociale del mercato” che, in una società ad alta visibilità reciproca come quella che stiamo considerando, consente alta elasticità e mobilità dei fattori, ma non ammette giochi nei quali i vantaggi di una parte della società sono sistematicamente legati agli svantaggi cumulativi di un’altra, e che vale solo se lo sviluppo può essere immaginato come un’impresa collettiva. …” (A.Bagnasco, idem, p.130)
In definitiva, non essendo l’economia completamente differenziabile dagli altri sistemi, risulterebbe operante una sorta di meccanismo regolativo della reciprocità, basato su regole di scambio a contenuto economico non esplicitato e non tematizzato come tale, ma inserito in significati culturali ben piú complessi. In termini di isomorfismo tra il naturale, il sociale ed il territoriale, il sistema sembra in grado di riferirsi a propri meccanismi circolari e di promuovere un’organizzazione che alimenti le tensioni che gli permettono di durare nel tempo. D’altro canto, il sistema non attenderà gli inputs provenienti dall’esterno per variare la propria struttura ma bensí, grazie alla propria percezione e memoria, genererà in modo autonomo i meccanismi autoregolatori necessari. Inoltre, sovente, tali sistemi produttivi territoriali appaiono propensi a scartare ogni informazione non direttamente necessaria ai propri fini, oltre, beninteso, a tradurre la restante in un linguaggio adatto alle proprie esigenze. Al riguardo si rammenterà come un’inchiesta (73) svolta nel 1984 dal Centro di Ricerca Battelle di Ginevra per conto della regione Emilia-Romagna, mostri che l’esperienza nei diversi distretti industriali della regione offra un efficace sistema di gestione dei dati in quasi tutte le botteghe e i locali pubblici e molto piú conviviali delle varie reti informatiche.
Con tutta evidenza, una simile riduzione della complessità e la rigidità del codice normativo non potranno assicurare la stabilità del sistema se non con l’ausilio di elementi meta-economici. In effetti, i processi osservati sembrano costituire una sorta di sublimazione di un continuo riferirsi a se stesso e permettono al sistema di realizzare una propria auto-costruzione ed individualizzazione progressiva rispetto all’intorno. Tale processo, d’altra parte, si realizzerà all’interno del sistema tanto piú rapidamente quanto la selezione dell’informazione sarà importante.
Parallelamente, questo insieme di elementi funzionali, rappresentante le norme e le istituzioni del sistema, gli permetterà di strutturarsi o ristrutturarsi in modo organico e di consolidare il proprio processo. E’ in questa logica che sembra realizzarsi l’interazione tipica tra il livello economico e quello sociale, attraverso un processo che implica una corrispondente strutturazione dei valori specifici ad una realtà territoriale data.
La comunità territoriale appare così in grado di differenziarsi rispetto all’esterno grazie alla propria capacità di generare dei valori intersoggettivi comuni e strettamente legati alla propria cultura in campo economico: tali valori, infatti, sembrano sostenere i differenti aspetti della vita comunitaria favorendo l’approfondimento stesso del processo. In tal modo, la riduzione della complessità dell’intorno si accompagnerà ad una riduzione della complessità dei valori, facilitando una limitazione dei conflitti d’interesse e producendo il consenso.
In tal senso, si potrebbe affermare che il substrato della territorializzazione risieda nei valori, di modo che il territorio si individualizzerà richiudendosi in base a dei giudizi di valore. Tale e naturale processo rende strategica la variabile temporale rispetto a quella spaziale: in tale accezione, l’essenza della territorializzazione sarà essenzialmente dinamica. Infatti, benché le realtà considerate siano governate dalle regole economiche classiche dell’offerta e della domanda, l’adesione agli elementi specifici dei valori tende a generare una regolamentazione particolare che, applicata all’interno di uno specifico territorio, mantiene la stabilità della relativa struttura economica.
In definitiva, i caratteri sociali di una realtà territoriale quale Carpi, sembrano permettere una differente articolazione tra il modello del libero mercato e quello della reciprocità, con riferimento diretto al sistema delle imprese. Anche se, nella loro base, le relazioni tra le imprese sono regolate dal mercato, la conoscenza reciproca, ed in certi casi la parentela, creano un buon clima negli affari, mutua fiducia, rapidi trasferimenti delle innovazioni e dell’informazione, aiuti e prestiti che facilitano il funzionamento del mercato ed evitano il manifestarsi di certi ostacoli.
Tenuto conto del peculiare intreccio di relazioni esistenti, si comprende come in tali contesti il governo delle transazioni sia costituito da una forma intermedia tra i due tipi estremi del mercato, da una parte, e del sistema reciprocitario dall’altra. In effetti, se da un lato la concorrenza in tali mercati aiuta ad individuare compensi capaci di incentivare l’iniziativa degli attori che vi operano, dall’altro è la consuetudine di cooperazione che consente a queste società di esprimere una razionalità collettiva in grado di produrre il massimo benessere economico e sociale per i propri membri. D’altro canto, non è da trascurare che, una volta che la cooperazione si sia instaurata, il modo di organizzare l’attività economica e commerciale caratteristico di tali realtà territoriali agevola il suo perpetuarsi, grazie ai vantaggi, in termini di riduzione dei costi e di sostegno dello sviluppo, che questi permette di realizzare. Inoltre i contatti personali, estremamente frequenti e di carattere informale data la modesta dimensione delle singole unità, sembrano rafforzare tra gli attori rapporti di lealtà, di stima e persino di amicizia. Ed, infine, gli attori sembrano piú o meno chiaramente consapevoli che il comportamento cooperativo, prescritto dalla consuetudine, è in genere anche quello che nella realtà considerata corrisponde all’interesse personale, tenuto conto di un arco di tempo medio-lungo anziché breve.
L’innovazione e le particolari caratteristiche del sistema formativo costituiscono senza dubbio degli elementi centrali dei sistemi in esame. Infatti, solamente grazie a una costante capacità innovativa e creativa, tali società riescono a mettersi al passo dei cambiamenti, dominandoli ed assorbendoli. A sua volta, per garantirsi una valida potenzialità creativa, queste realtà sociali devono necessariamente affidarsi ad una formazione elastica ed efficace, sviluppantesi normalmente “sur le tas” e nei momenti quotidiani di socializzazione.
Infatti, pur essendo sottomesse all’azione degli stessi grandi fattori di cambiamento, le società tradizionali non sembrano reagire nello stesso modo. In certe società, tutte le istituzioni e tutti i valori non si trasformeranno né con lo stesso ritmo né con la stessa intensità, ed appaiono stabilirsi delle discordanze alle quali la società riesce ad adattarsi mantenendo una propria coesione interna. In tali realtà, molte delle relazioni sociali di tipo tradizionale si trovano preservate, anche se in forma frammentaria. Numerose delle antiche forme organizzative e di interrelazione sono riutilizzate, espletando, in tutto o in parte, funzioni inedite. D’altro canto, vengono sovente adottate delle istituzioni completamente nuove, alle quali, il contesto culturale tradizionale, darà delle colorazioni specifiche, evidenziando cosí la presenza di un tessuto sociale ancora solido. In tal modo, le priorità a carattere culturale e/o di gruppo si vedranno effettivamente privilegiate in rapporto a dei comportamenti dettati da altre logiche.
Il nostro desiderio è che la società contemporanea impari a integrare l’economia giocando su combinazioni variabili di vari meccanismi regolativi, dal mercato alla reciprocità, dalla convivialità all’organizzazione complessa. Creando un sistema nel quale gli aspetti piú impersonali e deleteri del libero mercato vengano mitigati ed, in alcuni casi, eliminati, grazie alla condivisa vitalità di certi valori etici e culturali tradizionali. Difatti, i valori sono l’espressione della solidarietà. Non c’è differenza tra solidarietà e valore, entrambi individuano ciò che unisce la gente e la solidarietà vissuta è l’unica cosa che permetta un accrescimento della complessità sociale.
Prefazione di Angelo Cacciola Donati a “Commercianti si nasce… specialmente a Carpi”, forme e aspetti del commercio carpigiano” di Luciana Nora, a cura della Confesercenti di Modena, aprile 2001